Plance per uscite in edicola dei CD serie “tasti bianchineri”, classica.
Franz Liszt
• Concerto per pianoforte n. 2 con Claudio Arrau
• Totentanz con Arturo Benedetti Michelangeli
• Fantasia Ungherese per pianoforte e orchestra con Solomon Cutner
• Malédiction per pianoforte e orcherstra con Alfred Brendel
Virtuoso, ciarlatano o profeta, Franz Liszt è stato variamente definito, ma è innegabile che la sua parabola artistica segnò un’epoca almeno per due ragioni: per prima cosa Liszt, con il suo funambolico virtuosismo ed i suoi atteggiamenti che al giorno d’oggi definiremo da “rockstar”, inventò letteralmente il moderno concerto solistico; in secondo luogo, insieme a Chopin e Schumann, fu l’artefice del trionfo del pianoforte che divenne lo strumento principe della stagione Romantica. Nel CD che presentiamo, alcuni grandi virtuosi come Benedetti Michelangeli, Brendel e Arrau affrontano l’impervio repertorio lisztiano per pianoforte e orchestra.
Come speciale bonus per questa pubblicazione di TASTIBIANCHIENERI, vi proponiamo un recital di Alexis Weissenberg, che Herbert von Karajan definì “uno dei maggiori pianisti del nostro tempo”. Il grande virtuoso bulgaro naturalizzato francese, affronta in successione capolavori di Johann Sebastian Bach, Franz Joseph Haydn e quella pagina meravigliosa che sono gli Studi Sinfonici di Robert Schumann, suggerendo così un confronto diretto con le opere di Liszt.
robert Schumann
• Carnaval op. 9 Alfred Cortot
• Kinderszenen op. 15 Vladimir Horowitz
• Toccata op. 7 Sviatoslav Richter
• Tema e Variazioni sul nome ABEGG op. 1 Clara Haskil
• Waldszenen op. 82 Wilhelm Backhaus
• Romanza op. 28 n.2 Francis Plantè
La poesia di Alfred Cortot, la passione di Vladimir Horowitz, la sobria lucidità di Wilhelm Backhaus, la forza di Sviatoslav Richter e la leggerezza di Clara Haskil, ci raccontano la musica di Robert Schumann, uno dei maestri più emblematici e controversi della stagione romantica. A questi “giganti” si aggiunge una “perla”: una rarissima registrazione storica di Francis Planté, soprannominato “Le dieu du Piano”, il primo pianista della storia che abbia mai effettuato un’incisione. Un racconto che si perde agli albori della storia del disco… Ma è la stessa musica di Schumann che desidera farsi racconto, oppure immergerci in una fantastica atmosfera di sogno, proprio in virtù dello strumento principe del XIX secolo, il pianoforte. E così
ricca di Sehnsucht, di sentimento, e anche popolata di personaggi reali ed immaginari, come nel Carnaval o nelle Scene Infantili, appare la poetica di Schumann, una poetica che, tuttavia, è anche pervasa di seducente ambiguità… Per questa ragione, forse, soltanto una raccolta come questa, che presenta diversi grandi pianisti – e quindi diversi stili interpretativi – rende giustizia in pieno delle mille sfaccettature di una personalità musicale destinata e dissolversi nella nebbia della follia.
Un destino che coinvolge l’arte e la vita, inesorabilmente legate, fino alla fine…
Plance per uscite in edicola dei CD serie “western”.
Ombre rosse
Nel profondo West c’è una diligenza che corre da Tonto a Lordsburg. A bordo, nove individui assolutamente diversi tra loro. C’è la moglie incinta di un soldato, che va a raggiungerlo; ci sono un alcolizzato ed una prostituta banditi dal proprio paese dalla ‘Lega per la moralità’; un timido rappresentante di alcolici ed un banchiere corrotto; infine ecco un misterioso giocatore d’azzardo e Ringo, fuorilegge appena evaso. Alla guida stanno uno sceriffo ed un simpatico postiglione. Il viaggio non è affatto tranquillo: infatti Geronimo,
grande capo Apache, è sul piede di guerra, e così la minaccia indiana è sempre pressante.
‘Il western’ per eccellenza, costantemente nelle liste dei film più importanti della storia, “Ombre rosse”è molto più di quello che sembra. Potrebbe essere definito uno studio di psicologia, che mostra comecambi il comportamento dell’uomo in relazione alle circostanze, qui rappresentate dal viaggio pericolosoe dall’ambiente chiuso della carrozza. E poi molto andrebbe detto sugli eroi: sono dei reietti, dallaprostituta all’alcolizzato fino al fuorilegge. Forse la società “civile” sbaglia nell’assegnare i suoi giudizi di vittime valore, vuole suggerirci il grande John Ford. (John Wayne)
l’ultima carovana
Durante la Guerra di Secessione, la California si ritrova isolata dal resto del continente americano, tra vie marittime impraticabili e assenza di ferrovie: l’unica possibilità di approvvigionamento è rappresentata dalle carovane che arrivano da Est cariche di beni
di prima necessità. Quando una di queste sta per partire, un fuciliere della scorta, Clint (Gary Cooper), rischia di finire in galera. I suoi compagni (Torrence e Marshall), per salvarlo dal carcere, convincono la bella Felice (Lili Damita) a fingere di essersi da poco sposata con lui: che sceriffo avrebbe il coraggio di mettere dietro le sbarre un novello sposo? Nessuno: Clint viene infatti lasciato libero e il convoglio parte, con i due “finti” innamorati che pian piano scopriranno che qualcosa tra loro c’è, al di là della finzione.
Ne L’ultima carovana, distribuito anche come Il fuciliere del deserto, brilla innanzitutto la grande performance di Cooper, in una pellicola che ne ha fatto una delle icone del western. Ma sono molto bravi anche tutti gli altri attori: la Damita, in grado di tener testa a Cooper senza problemi, e Torrence e Marshall, caratteristi capaci di dare vita a “spalle” perfette come i due compagni del protagonista.
Ritroviamo nel film molte caratteristiche del western classico, come i grandi spazi aperti, gli indiani e il tema del viaggio; ma manca la violenza, cui sono preferiti i sentimenti (il rapporto tra Clint e Felice) e lo humor (le gag degli altri fucilieri). Due registi esperti come Burton e Brower, del resto, difficilmente potevano partorire qualcosa di banale.
Plance per uscite in edicola dei DVD serie Hitchcock.
Omicidio
Diana Baring viene trovata in stato di choc, immobile di fianco al corpo senza vita dell’amica Edna, attrice teatrale; vicino a lei c’è anche l’attizzatoio con il quale la
poveretta è stata uccisa. Stando così le cose, la giuria popolare del tribunale in cui si svolge
il processo fa in fretta ad emettere il suo verdetto: colpevole. La pena che ne consegue
è quella capitale. All’interno del collegio dei giurati c’è anche l’attore di teatro Menier,
dubbioso in cuor suo sin dall’inizio riguardo alla responsabilità dell’imputata; il terrore di
aver condannato un’innocente è così forte da portarlo a intraprendere delle proprie, più
accurate indagini sul caso.
La struttura di Omicidio è quella del giallo classico, vale a dire quella del “whodunit”:
si va alla ricerca un assassino attraverso indagini basate su prove. Hitchcock non
amava questo genere di film, ne girò infatti pochissimi, ma quello che abbiamo davanti
testimonia che era sicuramente in grado di realizzarne di pregevoli. Qui infatti la
narrazione è coinvolgente, la suspense è sempre altissima e il colpo di scena finale
è davvero efficace. Ma c’è di più: sono presenti infatti un’interessante descrizione
del mondo del teatro fatta dal dietro le quinte ed una pungente critica del perbenismo
piccolo-borghese, tanto ben riuscita quanto potenzialmente attuale.
Blackmail
Dopo un litigio con il fi danzato Frank, detective di Scotland Yard, Alice decide di rincasare a fi ne serata insieme al pittore Tracy e accetta l’invito a salire nel suo appartamento. Qui conosce la vera natura del suo simpatico accompagnatore, che tenta di violentarla: Alice, cercando di difendersi, prende un coltello e uccide l’aggressore. Testimone della terribile vicenda è un pregiudicato che si trovava per caso nella via antistante la casa del pittore quando la ragazza vi è entrata e che, come prova della sua colpevolezza, è riuscito a prendere un suo guanto rimasto sul luogo del delitto.
Alice è naturalmente distrutta per l’accaduto, ma il vero incubo per lei deve ancora iniziare: il pregiudicato che sa tutto comincia infatti a ricattarla senza pietà, esercitando su di lei una violenza psicologica insopportabile.
numero 17
Al numero 17 di quella via c’è una casa disabitata. Vi entra Gilbert Brenon, vede un cadavere al piano superiore e un senzatetto in fuga lo urta. Cadono entrambi e quest’ultimo, in preda al panico, giura di non sapere niente della morte dell’uomo. In quel momento piomba lì anche una bella ragazza: è in cerca del padre che abita al numero 15, ed un misterioso telegramma l’ha condotta fi no al 17. Le poche parole su quel pezzo di carta parlano di una collana, di un uomo in fuga e di un incontro proprio in quella casa. Ed ecco infatti arrivare gli interessati: sono i membri di una banda di ladri, che cercano un collier di diamanti in mano a qualcuno che si troverebbe lì. Una volta recuperato il prezioso, scappano attraverso la cantina e arrivano alla ferrovia: qui, su di un treno merci, prende il via un rocambolesco inseguimento.
L’estro di Hitchcock partorisce un giallo atipico, che inizia come tutti gli altri, cioè con un omicidio irrisolto, ma che poi intraprende una strada tutta sua. I personaggi in gioco, per tutta la prima parte, lottano, si nascondono, si feriscono, si rincorrono: ma tutto all’interno di quattro mura, nello spazio angusto della casa al numero 17. E poi l’inseguimento – che
si sviluppa con un ritmo da far invidia a molti fi lm più recenti – avviene su di un mezzo in movimento, il treno: molto particolare. Infi ne, tutto è reso ancora più piacevole da una marcata e costante venatura umoristica che (caso più unico
che raro) non infi cia minimamente la solidità e la tensione del giallo.
Plance per uscite in edicola dei DVD serie “Comiche”.
Stanlio e Olio
I FIGLI DEL DESERTO
L’associazione massonica alla quale appartengono i nostri eroi, sta per tenere una riunione a Chicago. Laurel e Hardy vorrebbero parteciparvi, ma le mogli sono contrarie, in particolare quella del secondo, che vuole anzi andare in montagna. Ollio allora decide di fingersi malato, per rimanere a casa mentre la consorte va in vacanza e poi fuggire a Chicago. Ma quando Stanlio, per curarlo, chiamerà un veterinario anziché un dottore inizierà un’interminabile serie di disastri.LA RAGAZZA DI BOEMIA
Stanlio e Ollio sono due gitani che vivono di cartomanzia e piccoli furti. La moglie di Ollio un bel giorno fugge col proprio amante e lascia nelle mani del marito una bambina: il poveretto non sa che si tratta della figlia di un ricco conte, rapita dalla donna tempo prima. I due compari si prendono cura della pestifera bimba per 15 anni, fino a quando il conte scopre che si trova in mano loro e li cattura, facendogliene di tutti i colori e arrivando persino a torturarli senza pietà.Due tra i migliori film della coppia Laurel & Hardy, impregnati di una comicità fine, spumeggiante e, come il solito, mai banale né ripetitiva. La grande fama di cui gode la prima di queste pellicole è testimoniata dalla nascita di molti fan club chiamati proprio “I figli del deserto”.
buster keaton
Un giovane proiezionista legge durante il lavoro un manuale che dovrebbe spiegargli come realizzare il suo più grande sogno: diventare investigatore. Un giorno, a casa della ragazza che corteggia, viene accusato da un altro pretendente di aver rubato l’orologio del padre della bella: naturalmente è innocente, ma per quanto si affanni non riesce a provarlo. Tornato al cinema, fa partire la pellicola e mestamente si addormenta in cabina di proiezione. Da lui si distacca il suo doppio che passeggia per la sala ed entra come niente fosse nello schermo, diventando protagonista del film che sta andando: si parla di un furto e a risolverlo dev’essere proprio lui, Sherlock Jr, il più grande detective in circolazione.
Una delle opere capitali nella storia del cinema (il Time l’ha inserito tra le 100 pellicole più belle di sempre), La palla n. 13 – noto anche come Sherlock Jr o Calma, signori miei! – è prima di tutto un film esilarante, grazie a gag studiate talmente bene che alcune sono ancora oggi replicate dai cabarettisti. Ma è anche una dimostrazione di capacità tecniche notevoli per l’epoca, basti pensare al celeberrimo ingresso del protagonista nello schermo cinematografico. Tuttavia, quella coloritura surrealista e quel tono onirico che accompagnano le vicende dell’improbabile investigatore sono qualcosa di irripetibile, che solo il genio di Keaton poteva creare.
Charlie Chaplin
LA STRADA DELLA PAURA
(o “Charlot poliziotto”) ci presenta il povero Charlot nei panni di un poliziotto incaricato di ristabilire l’ordine in una via in cui semina il terrore un erculeo furfante. Per riuscirci gli servirà qualche aiuto ‘extra’, sotto forma di sostanze stupefacenti.
Ne “La cura miracolosa”, invece, vediamo uno Charlot ubriacone. Si reca qualche giorno alle terme, ma nel grosso baule che si porta dietro ha solo bottiglie. Una disavventura dopo l’altra – compresi massaggi poco convenzionali e fonti curative ‘corrette’ –, Charlot troverà persino l’amore.
“L’emigrante” è la vicenda di un clandestino che, poco prima del suo sbarco in America, lascia tutti i suoi averi ad una ragazza bisognosa che viaggia sulla stessa nave. Una volta a terra, non ha più un soldo e deve arrangiarsi come può: ma si sa, ogni buona azione è sempre ricompensata.
Ne “L’evaso”, infine, Charlot si cala nei panni di un evaso appunto, che dopo la fuga salva la vita ad una ragazza e alla madre di lei, facendo innamorare la giovane. Un altro pretendente, però, scoperta la sua identità di fuggitivo, gli sguinzaglia la polizia alle calcagna.
Queste comiche appartengono al “periodo Mutual” di Chaplin: nel ’17, infatti, il grande artista è passato dalla Essanay a questa casa di produzione, ha già girato una quantità di cortometraggi impressionante (una quarantina) e recitato in un numero ancora maggiore (quasi sessanta). E’ ai vertici del successo e percepisce un cachet da fare impallidire molti suoi colleghi, ma nonostante questo ha ancora molto da dire. Inizia a dimostrare una nuova poetica già in queste comiche, nelle quali si ride a crepapelle ma si percepisce una leggera venatura di malinconia, quella stessa malinconia che tra non molti anni si ritroverà completamente dispiegata nei capolavori della maturità.
Uscita in edicola dei CD “Sacra all’Opera”, con plancia.
HERBERT VON KARAJAN, MARIA CALLAS, BRUNO WALTER, RENATA TEBALDI, CESARE SIEPI, ETTORE BASTIANINI, GIANANDREA GAVAZZENI, TITO GOBBI e tanti altri straordinari interpreti per un CD assolutamente originale: una scelta dei brani più famosi d’ispirazione religiosa tratti della storia del melodramma.
Il mondo dell’opera condivide con la liturgia la “sacralità” e la ritualità della forma; per questo in molte opere hanno trovato spazio preghiere, scene di carattere sacro, miracoli ed eventi religiosi che sono l’eredità delle “sacre rappresentazioni” di epoche antiche.
1. ROSSINI, Dal tuo stellato soglio (Mosè in Egitto)
2. PONCHIELLI, Angelus Domini (La Gioconda)
3. VERDI, Ave Maria (Otello)
4. VERDI, La Vergine degli Angeli (La forza del destino)
5. MEYERBEER, Signeur rampart et seul soutien (Les Huguenots)
6. VERDI, Carlo il sommo Imperator (Don Carlo)
7. PUCCINI, Te Deum (Tosca)
8. GOUNOD, Alerte! Aletre! ou vous êtes perdus! (Faust)
9. VERDI, Miserere (Trovatore)
10. VERDI, Dio di Giuda (Nabucco)
11. WAGNER, L’incantesimo del Venerdì Santo (Parsifal)